Monday, May 5, 2014

Radiazione Cherenkov: non si smette mai di imparare! La svista nel programma di divulgazione scientifica Cosmos.


Recentemente ho scritto un articolo riguardo al programma televisivo di divulgazione scientifica “Cosmos: a spacetime odyssey” trasmesso su National Geographic Channel (in Italia è trasmesso sul canale 403 di Sky) e da FOX. Nella sesta puntata della serie intitolata “Dove tutto si crea” (“Deeper, Deeper, Deeper Still” invece il titolo inglese [1]) si parla, tra le altre cose, di supernovae, e dei neutrini ed antineutrini emessi in queste spettacolari esplosioni stellari (per rivedere lo spezzone relativo alle supernovae clicca qui e guarda dal minuto 30 in poi, ma vale la pena di guardare tutta la puntata). In questo precedente articolo, di cui consiglio la lettura prima di continuare la lettura di quest’ultimo, mi sono soffermato nell’analisi dell’incredibile ricostruzione, realizzata con l’ausilio della computer grafica [2], della rivelazione di queste particelle emesse a seguito dell’esplosione di supernova.



Rivelare i neutrini una sfida gargantuesca

Dal momento che i neutrini sono particelle neutre (prive di carica elettrica) e dal momento che interagiscono veramente debolmente con la materia (sono in grado attraversare indisturbate, cioè senza interagire, un “muro” di Piombo spesso 1 anno luce, corrispondente a circa diecimila miliardi di chilometri di spessore) è necessario costruire dei rilevatori davvero enormi.


Inoltre questi rivelatori devono possedere tutti i requisiti per riuscire a catturare il segnale dell’eventuale interazione del neutrino con la materia. Il rivelatore mostrato nella puntata di Cosmos, ricostruito interamente al computer [2], e cioè il rivelatore sotterraneo “Super-Kamiokande” possiede tutti i requisiti: è grande abbastanza da contenere 50 mila tonnellata di acqua purissima che serve sia da materiale su cui i neutrini (o gli antineutrini) possono interagire, sia da mezzo di propagazione per gli elettroni (o positroni) prodotti durante questa interazione. E sono proprio queste particelle, che a differenza dei neutrini possiedono invece una carica elettrica, ad essere rivelate attraverso la cattura della luce prodotta dalla stesse nella loro propagazione nell’acqua. Infatti alle energie in questione gli elettroni e i positroni sono relativistici [3] e cioè si muovono a velocità vicine quelle della luce nel vuoto (circa 300 mila km al secondo). In particolare essi si muovono a velocità maggiori della velocità della luce nell’acqua, che è pari a 225 mila km al secondo, e questo conduce ad un fenomeno che è noto con il nome di “effetto Cherenkov” (dal nome del fisico sovietico che lo ha scoperto per primo) che consiste nell’emissione di radiazione luminosa da parte della particella carica che superi la velocità della luce nel mezzo considerato (il fenomeno è analogo al boom sonico generato dalle onde d'urto create da un aereo che si muove, in un fluido, con velocità superiore alla velocità del suono).

Fenomenologia della radiazione Cherenkov 

Questa radiazione luminosa ha delle caratteristiche molto precise, la più importante di tutte, riguarda la direzione di emissione della radiazione stessa. Infatti questa radiazione viene emessa ad un particolare angolo, θ, rispetto la direzione di propagazione della particella carica. Questo particolare angolo, detto angolo di Cherenkov, può essere calcolato attraverso questa relazione
 \[\cos\theta=\frac{1}{n}\frac{c}{v}\]
e per particelle relativistiche, in cui la velocità della particella “v” è prossima a quella della luce nel vuoto “c”, si ha che l’angolo di emissione è massimo e si riduce al seguente valore
\[\theta\approx\arccos\left(\frac{1}{n}\right)=\arccos\left(\frac{1}{1.33}\right)\simeq42^{\circ}\]
dove con n è indicato l’indice di rifrazione dell’acqua (n=1.33).

La luce viene quindi emessa su un cono proiettato nella direzione della particella con un angolo di apertura di circa 42 gradi. Questa luce deve essere raccolta attraverso dei rivelatori sensibilissimi e per questo Super-Kamiokande è munito di ben 11 mila fototubi (dei rivelatori di luce sensibilissimi) montati sulla superficie interna del cilindro contenente l’acqua (le “sfere” di 50 cm di diametro dalla colorazione d’orata che potete osservare nelle foto).


Questi rivelatori di luce Cherenkov, sono collegati ad un complicato sistema elettronico, che è in grado di stabilire sia “quanta luce” (cioè quanti fotoni) ogni fototubo ha ricevuto e sia il tempo preciso in cui il fototubo è stato colpito dai fotoni. Grazie a questa serie di informazioni (ed ad altre troppo complicate da esaminare in questa sede) si è in grado quindi di ricavare sia la direzione della particella carica che ha prodotto la luce Cherenkov, sia il vertice dell’interazione e cioè la posizione in cui il neutrino ha interagito con le particelle che costituiscono l’acqua per poi produrre la particella carica.

La formazione degli anelli Cherenkov

Ricapitolando quindi un neutrino che interagisse con l’acqua contenuta all’interno del rivelatore Super-Kamiokande produrrebbe un particella carica che, muovendosi all’interno dell’acqua con velocità prossime a quelle della luce [3], causerebbe l’emissione di una particolare radiazione luminosa su di un cono con un apertura angolare di circa 42 gradi. Questa radiazione andrà poi a colpire determinati fototubi disposti sulla superficie interna del rivelatore: ogni fototubo colpito da questi fotoni può essere visto come un “punto particolare” all’interno del reticolo formato dagli 11 mila fototubi. Se si “unissero” tutti fototubi colpiti si andrebbe a “formare” una figura molto precisa, che non è altro che l’intersezione del cono di luce Cherenkov con la superficie del rivelatore. La figura sottostate aiuta a chiarire le idee.


In questo caso è rappresentato un neutrino muonico che interagendo in un mezzo produce una particella carica (in questo caso un muone, il cugino “pesante” dell’elettrone) che a sua volta produce la luce Cherenkov con la sua tipica forma a cono (raffigurata in verdolino) e con l’angolo di apertura di 42 gradi circa. Il fotoni prodotti percorrono il tragitto che va dalla particella carica alla parete costituita da tanti fototubi (le sfere raffigurate in giallo) e colpiscono quei fototubi che si trovano nella direzione di propagazione degli stessi (i fototubi colpiti dalla luce sono stati raffigurati il rosso) a quel determinato angolo. Come si può vedere, i fototubi colorati in rosso che sono colpiti dai fotoni, formano una figura approssimativamente circolare, detta “anello Cherenkov” data dalla intersezione del cono Cherenkov su una parete piatta. Ma cerchiamo di capire meglio come si forma questo anello. In quest’altra immagine è mostrato lo schema di un’interazione di un neutrino, ν, con un elettrone, e.


Questo elettrone a seguito dell’interazione acquisisce una velocità, v, prossima a quella della luce e causa l’emissione dei fotoni (rappresentati con la linea bianca) al solito angolo θ di circa 42 gradi, che raggiungo lo schermo nel punto A. Lungo la sua traiettoria l’elettrone continua a causare l’emissione di fotoni, che viaggiano paralleli ai precedenti, fino a che l’elettrone non viene fermato dal materiale in cui si muove [4] ed emette l’ultimo gruppo di fotoni all’incirca con lo stesso angolo di emissione del precedente, che va quindi ad “illuminare” una porzione dei rivelatori più interna, diciamo nel punto B. Questa emissione avviene su di un cono e quindi verranno illuminati inizialmente tutti i fototubi in un anello esterno e poi quelli in un anello più interno. Lo spessore dell’anello, e quindi il numero di fototubi “illuminati”, dipende da tanti fattori quali le dimensioni del singolo fototubo e la distanza tra un fototubo e quello adiacente. Nel caso pratico del rivelatore Super-Kamiokande i fototubi hanno un diametro di circa 50 cm e sono distanziati di una quantità simile, per cui dal momento che elettroni di circa 10 MeV percorrono in acqua una distanza di circa 5 cm, ne consegue che tipicamente lo spessore dell’anello Cherenkov, in questo caso sia pari a circa 1-2 fototubi, come nella seguente immagine.


Qual è il diametro tipico degli anelli Cherenkov? 

Naturalmente anche questa risposta dipende da vari fattori. Essendo l’anello Cherenkov sostanzialmente l’intersezione di un cono con apertura di 42 gradi, il diametro dell’anello è funzione della distanza tra il vertice di interazione del neutrino (e quindi la posizione iniziale dell’elettrone appena prodotto) con la parete del rivelatore. Se ci restringiamo al caso specifico di Super-Kamiokande, possiamo comunque fare alcune stime. Dal momento che il rivelatore è un cilindro di 42 metri di altezza e 39 metri di diametro, si possono stimare alcuni diametri tipici degli anelli Cherenkov in Super-Kamiokande. Per avere un ordine di grandezza possiamo calcolare il diametro dell’anello Cherenkov nel caso di una interazione di un neutrino che avvenga all’incirca al centro del cilindro e produca un elettrone che si muove parallelamente all’asse maggiore del cilindro stesso, come raffigurato in figura.


L’anello Cherenkov andrà a formarsi nella superficie di base che si affaccia alla direzione di spostamento dell’elettrone e da semplici calcoli di trigonometria, sapendo che l’angolo del cono Cherenkov è sempre pari a 42 gradi, si ricava che il raggio dell’anello è di circa 19 metri! Andrebbe a formarsi quindi un anello di 38 metri di diametro (19x2 metri), una circonferenza di poco inferiore a quella che costituisce la superficie circolare di base del rivelatore stesso. In questa particolare situazione andrà quindi a formarsi un anello di dimensioni paragonali alla base del cilindro stesso. Naturalmente se l’interazione avvenisse più in basso il diametro dell’anello sarebbe minore e viceversa. Questi numeri tuttavia sono stati ricavati per un caso ideale molto particolare, nel caso in cui la direzione della particella sia perpendicolare all’asse principale del cilindro di modo che l’anello Cherenkov vada a formarsi sulla superficie piatta della base cilindrica. Nei casi più complicati invece l’anello va a formarsi o sulla superficie laterale curva del cilindro e quindi la forma dell’anello non sarà più propriamente circolare ma piuttosto ellittica. Ancora più complicato è il caso in cui l’anello si formi all’interfaccia tra la superficie laterale e quella di base. Con un pochino di sforzo di immaginazione dovrebbe comunque essere facile comprendere che tipo di figura andrà a formarsi, per esempio qualcosa simile a questo.


La svista nella simulazione

Ora che abbiamo capito a grosse linee come si formano gli anelli Cherenkov andiamo ad analizzare l’errore commesso nella simulazione del programma Cosmos. Non l’avete ancora capito? Suvvia ora dovrebbe essere relativamente semplice…
Nella loro simulazione gli anelli Cherenkov, evidenziati con un colore blu acceso, inizialmente possiedono un diametro relativamente piccolo (diciamo dell’ordine del metro) e poi si espandono concentricamente aumentando il loro diametro, fino a coprire la superficie di quasi tutto il rivelatore. Al minuto 30 è facilmente visibile questo andamento, ma dal momento che questi lampi di luce si espandono nella simulazione ad alta velocità, qui di seguito ho inserito alcuni “fermo-immagine” per rendere meglio l’idea delle dimensioni.


Avendo fatto tutto il preambolo iniziale sulla fenomenologia degli anelli Cherenkov, siamo immediatamente in grado di affermare che la simulazione presentata da Cosmos, sulla rivelazione dei neutrini (o meglio degli antineutrini) provenienti dalla Supernova 1987A, mediante il rivelatore Super-Kamikonade è affetta da un grosso errore. Gli anelli Cherenkov, visti dalla superficie interna del cilindro di SuperK, non si potrebbero mai e poi mai espandere nel modo da loro mostrato. 

Naturalmente non mi sto riferendo ai tempi scala del fenomeno, che sono stati dilatati per facilitare la visione che altrimenti non sarebbe stata possibile, ma proprio alla dinamica dello stesso. Infatti in un evento reale di rilevazione di un neutrino (o antineutrino) si osserva la formazione di un unico anello Cherenkov, ottenuto dalla intersezione del cono di luce (con un’apertura di 42 gradi) con la superficie in cui sono posizionati i fototubi. Questo anello non si potrebbe mai e poi mai espandere durante il percorso della particella carica nell’acqua, semmai in alcune circostanze potrebbe accadere il contrario, e cioè il fenomeno per cui l’anello partendo dalla sua dimensione massima si riduce via via che la particella carica perde energia nella materia e quindi riduce la velocità, che a sua volta si traduce nella riduzione dell’angolo di emissione del cono Cherenkov.

Contrazione e non espansione 

L’osservazione di una “contrazione” delle dimensioni dell’anello occorre principalmente quando le particelle cariche che generano la radiazione Cherenkov sono i muoni. Infatti i muoni, a parità di energia, sono parecchio più penetranti degli elettroni [4] e quindi percorrono uno spazio considerevole prima di essere fermati del tutto. In questo percorso riescono quindi ad “illuminare” via via molti fototubi, partendo da quelli più esterni di un anello per arrivare a quelli più interni, riempendo per così dire l’anello dall’esterno all’interno.

In ogni caso nella rilevazione dei neutrini da Supernova si producono principalmente positroni con energie dell’ordine della decina di MeV (l’antiparticella dell’elettrone) che invece percorrono pochi centimetri in acqua e quindi nel loro percorso riescono ad illuminare solamente uno spessore costituito da qualche fototubo in SuperK. Per di più dal momento che i positroni sono continuamente deviati si formano anelli leggermente sfalsati tra loro rendendo quindi l’anello finale risultante dai contorni non ben definiti [4].



Ma quindi stai affermando che osserviamo un solo anello Cherenkov, a volte più spesso e dai contorni definiti come nel caso dei muoni (che in alcuni casi può essere anche pieno), oppure relativamente sottile e dai contorni poco nitidi come per gli elettroni e i positroni e che non vi è nessuna evoluzione temporale di questa “forma”?

In realtà non è proprio così, e come ho già detto in realtà l’anello si “riduce nel tempo” specialmente nel caso dei muoni. Tuttavia anche nel caso in cui a produrre radiazione siano positroni o elettroni esisterà sempre uno sfalsamento nei tempi di incidenza dei fotoni Cherenkov sui fototubi, che fanno si che alcuni fototubi vengano “illuminati” prima di altri. Il caso limite di una particella carica che si muova su una traiettoria perpendicolare ad una parete su cui si trovano i fototubi, che ho analizzato finora, è quello in cui si tutti i fotoni che costituiscono il cono arrivano “nello stesso” tempo sui fototubi e formano un anello di forma “esattamente” circolare. Naturalmente si tratta di un caso limite, e in tutti gli altri casi, in cui per esempio la traiettoria della particella carica non sia perpendicolare alla superficie si ottengono per esempio degli anelli Cherenkov a forma di ellisse. In questo caso per questioni geometriche alcuni fotoni arriveranno prima in alcune zone dell’anello che in altre, come si può vedere nell’immagine sottostante in cui i fototubi colorati di blu e viola vengono colpiti dalla luce prima rispetto a quelli colorati in rosso e arancione.

Lo scarto temporale di arrivo dei fotoni è davvero molto piccolo, stiamo parlando di centinaia di nanosecondi, che è il tempo che la luce impiega a compiere all’incirca 30 metri (senza alcuna sorpresa questa è proprio la scala delle dimensioni di un rivelatore come SuperK). All’interno di questa finestra temporale quindi uno osserverebbe che l’anello viene a formarsi in questo modo: dapprima vengo illuminati una serie di fototubi (nel disegno quelli sull’alto ed esterni all’anello colorati di viola) e man mano vengono illuminati i fototubi più in basso e più interni (quelli colorati di arancione e rosso) fino a “chiudere” la figura e formare l’anello ellittico. Tuttavia se si osservasse un immagine in cui vengono “colorati” dovessero tutti i fototubi colpiti dai fotoni all’interno di una finestra temporale di 100 nanosecondi (che parta dal momento in cui il primo fotone incide sul fototubo), si riconoscerebbe un unico anello Cherenkov, come quello evidenziato in grigio [5].

Riassumendo quindi all’interno del rivelatore per neutrini Super-Kamiokande (e in generale in rivelatori Cherenkov simili) al seguito di un’interazione di un neutrino o un antineutrino viene a formarsi un unico anello Cherenkov circolare o ellittico (o di forme ancora più complesse ma comunque ad esse riconducibili) [5], che è formato dai fototubi che sono stati “illuminati” dal cono di luce prodotto a seguito del movimento dalla particella carica prodotta nell’interazione.

L’espansione dell’anello Cherenkov: una violazione della relatività speciale 

Questo anello non potrà mai “espandersi” e cioè partire con un piccolo diametro e via via nel tempo aumentare le dimensioni, proprio perché il momento inziale in cui la particella carica possiede la massima velocità (generalmente prossima a quella della luce nel vuoto) è anche il momento per cui si ottiene la circonferenza massima dell’anello stesso, per effetto della formula
\[\cos\theta=\frac{1}{n}\frac{c}{v}\].
Via via che la particella perde energia e quindi diminuisce la propria velocità la circonferenza si riduce per effetto del fatto che l’angolo di emissione anch’esso diminuisce nel mentre che la particella si sta avvicinando alla parete in cui verrà a formarsi l’anello.

Ma come mai non è proprio possibile osservare una dinamica simile degli anelli Cherenkov?

Se speculiamo un pochino su una possibile interpretazione di questa bizzarra dinamica otterremo la conclusione logica che al fine di ottenere un allargamento della dimensione degli anelli, così come mostrato nella puntata, i positroni prodotti a seguito dell’interazione invece che ridurre la loro velocità nella propagazione dell’acqua, misteriosamente dovrebbero aumentarla.

Se si presuppone che il positrone abbia una velocità inziale Vi, allora esso causerebbe l’emissione di fotoni ad un angolo θi, dato da \[\theta_{i}=\arccos\left(\frac{1}{n}\frac{c}{v_{i}}\right),\] questi fotoni creerebbero un primo sottile anello nello schermo al tempo t0. Al fine di osservare un allargamento dell’anello, nel mentre che la particella carica si avvicina allo schermo, si dovrebbe avere che l’angolo di emissione dei fotoni, θf, alla fine del percorso della particella, dovrà essere maggiore di quello iniziale θi (θf>θi). Ma questo può avvenire solamente se la velocità finale Vf, è maggiore di quella iniziale: una condizione non ottenibile visto che le particelle cariche perdono energia nell’interazione con la materia e quindi rallentano progressivamente fino a fermarsi del tutto.


Se poi ci riferiamo al caso specifico dei positroni prodotti dagli antineutrini della SN1987A, dal momento che sappiamo che la loro energia è dell’ordine della decina di MeV possederanno velocità iniziali prossime a quelle della luce nel vuoto. Di conseguenza l’angolo Cherenkov iniziale è già quello massimo ottenibile: "i famosi 42 gradi". Per cui non vi è nessuna possibilità che quest’angolo possa aumentare per ottenere l’effetto che l’anello Cherenkov sullo schermo aumenti gradualmente la sua dimensione durante il viaggio del positrone nell’acqua. Quindi osservare tale aumento di dimensioni porterebbe alla conclusione che il positrone non solo aumenti la sua velocità, che di per se non ha senso fisico, ma, fatto ancora più assurdo, che ad un certo punto, per osservare l’effetto presente nella simulazione del programma, esso dovrebbe superare pure la velocità della luce, fatto che sappiamo essere vietato in quanto la teoria della relatività ristretta di Einstein pone proprio questa velocità come un limite invalicabile.

Il vantaggio e lo svantaggio delle immagini mentali e delle analogie 

A questo punto alcune domande sorgono spontanee: “Come è possibile che i produttori del programma con l’aiuto dello staff scientifico abbiano potuto commettere questo errore apparentemente molto grossolano?
L’errore stupisce ancora di più proprio perché in realtà la produzione è stata attenta a riprodurre tanti altri dettagli in maniera molto precisa e rigorosa (si riveda il post precedente "I neutrini da Supernova come non li avete mai (s)visti"); quindi perché hanno commesso proprio questo errore? Io naturalmente non conosco la risposta, ma posso azzardare qualche ipotesi.
Dal momento che inizialmente ammetto di non aver notato io stesso l’errore e anzi, al contrario, ho pensato che il fatto che gli anelli Cherenkov si allargassero col tempo fosse proprio la ricostruzione corretta, posso identificare il possibile motivo pensando al perché anche io pensavo all’espansione degli anelli come ad una cosa naturale e corretta. Questa fallacia è dovuta al fatto che spesso si ha l’immagine mentale dell’emissione Cherenkov tale per cui i fotoni formino un cono orientato nella direzione opposta a quella del moto.
Quest’immagine mentale è quella che viene raffigurata dalla maggior parte dei libri quando si parla di effetto Cherenkov. Ma bisogna fare attenzione quando si osservano questi schemi, infatti il “cono” disegnato con la punta in direzione della velocità della particella non è altro che il fronte d’onda in espansione. I fotoni si espandono in realtà perpendicolarmente a questo fronte d’onda. Se si disegnassero solamente i fotoni si otterrebbe un cono con l’apertura rivolta verso la direzione del moto che è quello “corretto” a cui io mi sono riferito al fine di ottenere la costruzione degli anelli Cherenkov, dal momento che sono i fotoni che vanno a colpire la superficie cosparsa di rivelatori e che danno in ultima analisi gli anelli.

Inoltre il fatto di presentare l’effetto Cherenkov come l’analogo del “boom sonico”, ha certamente i sui vantaggi, ma in questo caso per esempio contribuisce alla creazione fallace di un immagine mentale del cono Cherenkov. Infatti quello che viene di solito mostrato nelle fotografie degli aeri che superno la velocità del suono, non è l’analogo del cono Cherenkov a cui mi sono riferito io, ma piuttosto il risultato della condensazione dell’aria dietro l’aero a causa della brusca diminuzione di pressione e temperatura [6]. Ovviamente questo cono è geometricamente legato al fronte d’onda sonoro in espansione (l’analogo del fronte d’onda dei fotoni) che invece costituisce il “reale” cono sonoro in espansione.













Credo quindi che l’associazione mentale di un cono con la punta rivolta verso la direzione dell’oggetto, anche per il caso dell’effetto Cherenkov, dipenda principalmente dall’analogia con il “boom sonico” e quindi alla facilità di associazione visiva “cono cherenkov= cono di condensazione”, questo unito al fatto che nella costruzione geometrica del fenomeno inevitabilmente si ha la necessità di disegnare il fronte d’onda con una linea continua (si veda lo schema sopra),contribuisca a far ricordare più facilmente il cono orientato dalla “parte sbagliata” (queste linee infatti non devono essere viste come la direzione dei fotoni che poi imprimono un’impronta sui rivelatori, i fotoni si propagano perpendicolarmente al fronte, così come mostrato dalle linee in blu).

L’interpretazione errata dell’orientazione del cono conduce all’espansione degli anelli

Se per un attimo quindi utilizziamo l’interpretazione errata del cono rivolto con la punta in direzione opposta alla direzione della particella, siamo in grado di comprendere perché nella simulazione, l’anello Cherenkov si espande concentricamente. L’intersezione di un cono di questo tipo con una parete produrrà al ai vari tempi t0<t1<t2 degli anelli via via più grandi come nell’immagine sotto.

Siamo così arrivati finalmente alla "soluzione" del problema.

Cosa abbiamo imparato da questa analisi?
Credo che il messaggio più importante da portare a casa sia il fatto che alcuni fenomeni fisici se analizzati con un pregiudizio di base (in questo caso l’orientazione erronea del cono Cherenkov) producano dei risultati palesemente errati, che però ad un primo sguardo risultano perfettamente ragionevoli. Ed è quello che deve essere successo ai produttori, ai tecnici informatici e agli stessi fisici che hanno prodotto la simulazione presente nella puntata di Cosmos, una simulazione fantastica sotto molti punti di vista, molto accurata per certi versi, ma affetta da un errore concettuale non indifferente, che ad un occhio non attentissimo può certamente sfuggire.

L’impatto dell’errore sulla qualità del programma

Questo errore fa si che la divulgazione scientifica di Cosmos sia di scarso valore e conduca ad un peggioramento delle sconoscenze degli ascoltatori, o peggio, l’errore porta ad una mistificazione della realtà fisica? Non credo che questo errore conduca a questa conslusione, anzi devo aggiungere, che era da tempo che non si vedeva nei teleschermi un livello di divulgazione scientifica di questo livello. Bisognerebbe aumentare il numero di documentari scientifici così ben fatti. Tuttavia nella scienza l’errore è sempre dietro l’angolo e bisogna fare molta attenzione ai tutti i minimi dettagli onde evitare di incapparci, così come è successo alla troupe di Cosmos.

Per cui, continuate a guardare questo documentario, ma chiedetevi sempre il perché delle cose. In questo caso specifico la domanda da farsi era “perché gli anelli aumentano la dimensione?”; dopo tante ricerche sareste magari approdati alla riposta “perché la simulazione è sbagliata, gli anelli non si espandono, al massimo si riducono e in generale in SuperK si osservano degli anelli singoli, alcuni più spessi, altri più fini e dai contorni non definiti ma mai in espansione”.

La prossima sfida: la ricerca dell’altra imprecisione

Che ne è stato del secondo errore di cui accennavi nel precedente articolo?
Per quanto riguarda la seconda imprecisione presente nella simulazione di Cosmos, posso solo darvi qualche suggerimento, la domanda da porsi in questo caso è “perché gli anelli partono principalmente dal basso?”.
Non vi resta che indagare e scoprirete che sebbene anche in questo caso la produzione abbia commesso un errore, si tratta di un errore veniale e che al limite potrebbe anche non essere poi così lontano da quello che Super-Kamiokande ha realmente osservato nel caso della rilevazioni degli antineutrini della supernova del 1987.
Buona indagine e tra qualche settimana la risposta a questo quesito :)

Per approfondire.

Se siete scettici riguardo alle affermazioni che ho scritto in questo articolo, come è giusto che sia, vi consiglio di dare un occhiata alle immagini degli anelli Cherenkov dovuti ad eventi reali nella pagina ufficiale della collaborazione Super-Kamiokande. I punti colorati mostrano i fototubi interessati dalla luce Cherenkov (la cui dimensione è proporzionale alla quantità di luce) mentre in grigio son mostrati quelli non colpiti dai fotoni, ed è anche chiaramente visibile la geometria cilindrica del rivelatore. Nel primo caso è mostrato un anello Cherenkov prodotto da un neutrino elettronico proveniente dal Sole. Questo tipo di evento è molto simile a quello che si dovrebbe osservare nel caso di un evento di un antineutrino da Supernova, in quanto l’elettrone prodotto da un neutrino elettronico solare ha energie simili a quelle che avrebbe il positrone prodotto da un antineutrino elettronico da Supernova. Come si può vedere l’anello (i fototubi colorati in celeste) è relativamente stretto.

Questo è evento reale dell'interazione di neutrino solare registrato da Super-Kamioknade il 1998/03/12. 
Si tratta di un elettrone di energia pari a circa 12,5 MeV e ha un insolito anello ben definita. 
La scala di colore rappresenta il tempo di arrivo dei fotoni, dal viola al rosso.

In quest’altra ricostruzione (in basso) invece è mostrato l’anello Cherenkov di un muone molto energetico, entrante nello schermo, che punta all’incirca all’interfaccia tra le superfici. Il colore dei fototubi indica il tempo di arrivo dei fotoni, blu e viola indicano tempi minori mentre giallo-arancione e rosso tempi di arrivo maggiori, (da notare che è la stessa convenzione che ho usato io), all’interno di una finestra temporale di 120 nanosecondi. Il fatto che i fotoni arrivino prima alla parete “sinistra” è un’indicazione del fatto che il vertice d’interazione è più vicino a tale parete piuttosto che a quella “destra”. Come si può notare l’anello ha i contorni ben definiti e lo spessore dell’anello, essendo costituito da circa 10 fototubi, corrisponde a circa 5 metri. Il diametro è invece di circa 40 metri. La linea viola, segna l’anello dovuto all’intersezione di un cono di apertura di 42 gradi (con direzione data da quella della particella e vertice coincidente con quello di interazione) con le pareti del rivelatore.

Anello Cherenkov dovuto ad un muone molto energetico, registrato dalla collaborazione
Super-Kamiokande. Si tratta di un evento reale. L'anello ha i contorni ben definiti.
La scala temporale dell'evento è di 162 ns.
In quest’ultimo esempio (sempre relativo ad un evento realmente registrato da SuperK) viene mostrato un anello Cherenkov prodotto da un elettrone, anch’esso molto energetico. In questo caso il tempo di arrivo è più o meno omogeneo (essendo il colore predominante il verde) in quanto la direzione dell’elettrone è quasi nella direzione di vista. La differenza maggiore con il caso del muone sta invece nel fatto che i contorni di questo anello non sono ben definiti, questo è causato dal fatto che gli elettroni nel loro viaggio vengono deviati maggiormente rispetto ai muoni. Questa continua deviazione di direzione produce dei coni Cherenkov con direzioni leggermente sfalsate che accumulandosi nello schermo si traducono in un anello finale dai contorni confusi [4].
Anello Cherenkov dovuto ad un elettrone molto energetico, registrato dalla collaborazione 
Super-Kamiokande. Si tratta di un evento reale. L'anello non ha i contorni ben definiti..

In questo video invece è possibile osservare una ricostruzione 3D di un evento in Superk-Kamiokande. Anche questa ricostruzione, ad opera di uno studente Ben Izatt del gruppo di fisica del neutrino della Duke University, potrebbe apprezzare tutte le caratteristiche sopraelencate.



Per fugare definitivamente i dubbi vi allego inoltre l’immagine di un evento di antineutrino da SN1987A così come mostrato nell’articolo originale della collaborazione Super-Kamiokande, in cui potete osservare i fototubi coinvolti e il tipico singolo anello.


Per chi inoltre volesse osservare “in diretta” gli eventi così come registrati e “visti” dal rivelatore Super-Kamiokande può visitare questo link. Buona visione!!
Se avete ulteriori dubbi, perplessità, suggerimenti non esitate a commentare.
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Note:

[1] L’esigenza di cambiare o meglio “stravolgere” i titoli passando dall’inglese all’italiano rimane per me ancora un mistero.


[2] Se qualcuno avesse ancora dei dubbi riguardo al fatto che la scena presente al minuto 30 circa, quella in cui il presentatore si trova all’interno del rivelatore per neutrini Super-Kamiokande su di un piccolo gommone, sia solo frutto della computer grafica e degli effetti speciali, può ascoltare le parole a riguardo pronunciate del produttore Seth MacFarlane (il creatore delle serie animate i Griffin e America Dad!). In questa intervista sentirete lo stesso MacFarlane (al minuto 1:35 ) affermare che queste scene sono il frutto di un CGI, acronimo di Computer-generated imagery. Il risultato finale è davvero strabiliante, soprattutto se lo paragonate alle fotografie reali dell’interno di Super-Kamiokande.


[3] Gli antineutrini provenienti da Supernova possiedono un energia media di circa 15 Mega elettronvolt, Milioni di elettronvolt [l'elettronvolt (eV) è un'unità di misura dell'energia], il che implica che il positrone creato a seguito dell’interazione
\[\bar{\nu}_{e}+p^{+}\rightarrow n+e^{+}\]
abbia un energia di poco inferiore. A queste energie il positrone è relativistico, cioè si muove a velocità prossime a quelle della luce, e quindi il valore del parametro β=v/c è praticamente uguale ad 1 (β≈1).

[4] L’elettrone a causa dell’interazione con il mezzo circostante perde energia molto velocemente fino a che viene fermato del tutto. Ancora prima che si fermi l’elettrone comunque subisce delle deviazioni repentine della direzione di moto, a causa dell’interazione con gli altri elettroni del mezzo. Questi cambi di direzione fanno si che l’anello Cherenkov formato dagli elettroni non sia ben definito, in quanto esso è il risultato dell’effetto di tanti “coni Cherenkov” con apertura di circa 42 gradi (se la velocità iniziale è circa quella della luce nel vuoto), leggermente sfalsati in direzione. In realtà ad ogni interazione l’elettrone perde via via energia e quindi la sua velocità diminuisce progressivamente. Questo fatto fa si che l’angolo di emissione della radiazione Cherenkov sia via via più piccola dei 42 gradi iniziali, dal momento che \[\cos\theta=\frac{1}{n}\frac{c}{v}.\] Tuttavia questo effetto non è particolarmente apprezzabile negli elettroni in quanto essi percorrono una distanza molto piccola prima di essere fermati del tutto (un elettrone di 10 MeV percorre all’incirca 5 cm in acqua) e quindi l’emissione Cherenkov, ristretta a questa piccola distanza, non produce su una parete lontana svariati metri (così come per esempio in SuperK) degli anelli separati tra loro e di dimensioni diverse, ma piuttosto degli anelli di larghezza comparabile che quasi si sovrappongono, con il risultato di avere un “unico” anello dai contorni non ben definiti.


Diversamente un muone è più penetrante degli elettroni, principalmente perché perde meno energia per via dell’emissione di fotoni dovuto ad un altro processo detto di Bremsstrahlung, cioè a seguito dell’accelerazione o decelerazione della particella carica. In questo processo la potenza totale irradiata è proporzionale all’inverso della potenza quarta della massa, proporzionale cioè a m^(-4) (o m^-6 nel caso in cui la decelerazione sia parallela alla velocità), per cui gli elettroni perdono molta più energia rispetto ai muoni in quanto la massa dei muoni è circa 200 volte maggiore. La potenza persa in fotoni per emissione di Bremsstrahlung è quindi \[\left(\frac{m_{\mu}}{m_{e}}\right)^{4}\simeq\left(200\right)^{4}=1600000000=1,6\cdot10^{9}\]
circa 2 miliardi di volte minore per i muoni. Questo fa si che i muoni procedano pressoché indisturbati in un mezzo e senza subire particolari variazioni di direzione. Questo, unitamente al fatto che l’energia minima affinché un muone produca in acqua luce Cherenkov è di circa 160 MeV, fa si che per i muoni si osservi un anello Cherenkov dai contorni molto ben definiti. In funzione poi dell’energia del muone, si può alternativamente osservare anche il fatto che man mano che il muone si muove e perde energia, diminuendo quindi la sua velocità, produce dei fotoni Cherenkov con angoli via via più piccoli di 42 gradi, per via della formula \[\cos\theta=\frac{1}{n}\frac{c}{v},\] e quindi si osserva l’effetto che l’anello Cherenkov “viene riempito” durante il percorso del muone (si veda l'immagine sopra). L’anello diventa via via più piccolo e l’effetto finale è quello di osservare sulla parete dei fototubi un anello Cherenkov relativamente spesso o per lo meno sicuramente più spesso di quello che si otterrebbe mediante un elettrone della stessa energia.

[5] Naturalmente esistono configurazioni ancora più complicate che possono dar luogo sia a forme diverse da circonferenze per quanto riguarda gli anelli Cherenkov sia ai tempi di arrivo dei fotoni all’interno dell’anello stesso. Questo per esempio capita nel caso in cui la parete del rivelatore non sia piatta, così come accade nel caso delle pareti laterali curve di SuperK, o a casi ancora più complicati come l’interfaccia tra la parete curva laterale e quella piatta di base del cilindro si SuperK.

[6] La nuvola conica dietro l’aereo è dovuta alla condensazione dell’umidità presente nell’aria e compare a causa della diminuzione della temperatura e della pressione. Per approfondire vedasi singolarità di Prandtl-Glauert.

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